L’Ordine delle cose

Kiwi

Questa mattina, come accade ormai sempre, mi sveglio con lo sguardo fisso della micia a dieci centimetri dal viso, in attesa del primo pasto della giornata. E come ogni mattina, da qualche settimana a questa parte, poco prima che suoni la sveglia, il cane idiota del vicino comincia ad abbaiare con quel tono che sembra un incrocio tra uno squittio e un latrato, portando i miei livelli di cortisolo alle stelle prima ancora che metta piede a terra. Così, mentre seguivo la solita routine mattutina in preparazione della giornata d’ufficio, ho realizzato una cosa forse banale: l'”ordine” è, paradossalmente, lo stato naturale delle cose.

Esiste questa sorta di preconcetto per cui l’ordine è nemico della creatività, dell’impulsività, della vita “vicina alla natura”. Si sente spesso la lamentela di persone che si sentono imbrigliate nella routine, e l’esempio classico dell’artista libero che abbiamo in mente è quello che vive una vita sregolatissima, va a letto di pomeriggio, ostenta ogni vizio possibile e lavora “quando è ispirato”. Eppure, il gatto si sveglia ogni giorno allo stesso orario, e se il nostro metabolismo è sano, i bioritmi ci impongono di andare in bagno a orari praticamente identici ogni giorno. Persino lo stimolo della fame arriva sempre nello stesso momento, se gli orari di lavoro sono fissi. Se ci dimentichiamo di piantare i semi nel mese giusto, le piante non crescono. La vita segue un ciclo oscillatorio, questo si sa: dal battito cardiaco ai ritmi circadiani. Le routine sono necessarie per liberarci dallo stress di dover decidere ogni minuto cosa fare; sono così naturali che anche gli animali ne seguono una.

Sembra paradossale che si pensi che lo stato naturale delle cose sia quello della totale anarchia (nel senso più popolare del termine), quando basta un jet lag per farti star di merda, no?

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